Activity Based Workspace
Quando parliamo di Activity Based Workspace ci riferiamo a un luogo dove le attività previste si svolgono in uno spazio inedito costruito per accogliere relazioni e modalità di lavoro diverse da quelle cui siamo abituati. Questa modalità destruttura l’idea della distribuzione degli spazi che da fissi divengono funzionali alle attività da svolgere, rende fluida la composizione dei team, favorisce l’aggregazione delle attività intorno agli obiettivi e non agli orari di permanenza nel luogo di lavoro.
L’idea che sta alla base dell’Activity Based Workspace non è nuovissima: nel 1983 l’architetto americano Robert Luchetti intuì che invece di avere spazi fissi per tutte le attività potesse essere più funzionale progettare spazi studiati per svolgere al meglio i diversi compiti, rendendoli funzionale alle attività svolte e da ciò progettò delle ipotesi di disposizioni spaziali e prossemiche.
Nel progetto di Luchetti, scompaiono gli uffici privati, le postazioni fisse, i tavoli personali sono sostituiti da desk da occupare previo prenotazione nel momento in cui servono; persino le grandi sale riunioni divengono modulari. Gli spazi si aprono e si riducono, sostituiti da piccoli spazi che rendono possibile lo svolgimento di attività riservate.
L’idea di Lucchetti non ottenne nell’immediato un grande favore negli Stati Uniti, ma fu sperimentata con grande soddisfazione in Australia, Danimarca, nei Paesi Bassi e in Svezia.
Attualmente l’idea sta però diffondendosi ovunque, anche grazie alla concomitanza di vari fattori che la rendono attrattiva e facilmente attuabile. Determinante è l’evoluzione delle tecnologie, a partire dalla possibilità di ridurre il disagio sonoro derivante dall’uso degli open space risolto grazie all’uso di auricolari di ultima generazione e dalla predisposizione di luoghi insonorizzati dedicati. La crescente disponibilità di strumenti e device interconnessi sempre più agili e trasportabili svincolano il lavoro dalle postazioni fisse e rendono possibile e agevole lo svolgimento di alcuni lavori da remoto (telelavoro e smart working) e favoriscono un’occupazione degli spazi aziendali solo in caso di effettivo bisogno. In sintesi, la postazione di lavoro oggi può trasformarsi in una suite di tecnologie digitali interconnesse: ci sono i programmi di Office Automation (video-scrittura, posta elettronica, video-presentazioni, Excel, rubrica, agenda) e diverse piattaforme applicative che abilitano lo scambio delle informazioni a supporto della condivisione e della collaborazione intraziendale e interaziendale. Cambia l’uso anche delle sale riunioni che possono essere dotate di un’adeguata dotazione tecnologica: LIM, Flipboard digitali, tavoli interattivi e sistemi di Unified Communication and Collaboration, che integrano videoconferenza, file and synchronization sharing system, social media, meeting room supportate da un sistema di prenotazione automatizzato che impedisce sovrapposizioni o malintesi.
Le tecnologie sono accessibili anche se si è lontani dalla postazione di lavoro tradizionale, il loro uso è agevolato dalle logiche on demand del cloud e l’integrazione ai dispositivi mobili rendono possibile di fatto lavorare praticamente ovunque. Di conseguenza, gli uffici possono ospitare un numero più ridotto di persone e accogliere i lavoratori solo quando devono svolgere là un determinato compito, riducendo gli spazi e le spese di gestione. Certamente il lockdown e la conseguente necessità di ridurre il più possibile la concentrazione delle persone hanno a loro volta contribuito a indirizzare in questa direzione.
Ma la disponibilità delle tecnologie di per sé non avrebbe forse dato un’accelerazione così potente in questa direzione se questa modalità se non avesse offerto anche una concreta, ingente fonte di risparmio: ridurre gli spazi operativi, si traduce in un immediato risparmio sulle spese di gestione, sui consumi, sulle retribuzioni per trasferte. Siamo di fronte a un cambiamento abbastanza silente, che coinvolge lentamente e progressivamente un numero sempre più numeroso di realtà non manifatturiere. Tanto silente da non essere fatto oggetto della giusta attenzione. Siamo di fronte a un cambiamento molto più profondo di quanto non appaia a prima vista e che richiede un nuovo patto fiduciario tra le parti.
Certamente è d’obbligo la revisione di norme già in essere: una così drastica revisione degli spazi di lavoro e delle modalità operative impegna a una serie di espletamenti legati alla revisione delle obbligazioni derivanti dal D.Lgs. 81/08.
Ma c’è qualcosa di ancora più delicato e profondo: l’attenzione alle persone che si trovano al centro di questo cambiamento, che vedono stravolte abitudini spesso radicate, scossi equilibri sedimentati. Il modo con cui reagiranno non può essere lasciato alle caratteristiche individuali, alla capacità di adattamento, all’antifragilità personale, ma deve essere accompagnato con delicatezza ed equilibrio. Comunicazione e ascolto diventano strumenti strategici irrinunciabili, necessari all’azienda per condurre con successo il suo progetto e alle persone per affrontare il passaggio con serenità ed equilibrio.