Imparare dagli errori: quando l’illuminazione è carente
Come ricordato anche dall’Allegato IV (Requisiti dei luoghi di lavoro) del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ( D.Lgs. 81/2008) gli ambienti lavorativi devono essere adeguatamente illuminati.
E laddove il tipo di illuminazione utilizzato non sia adeguato agli ambienti o, ad esempio, le fonti illuminative siano collocate in posizioni non idonee, si può avere un’eccessiva o scarsa visibilità dell’ambiente di lavoro favorendo affaticamenti visivi ed errori e rendendo più probabili comportamenti non sicuri e infortuni lavorativi.
Per questo motivo iniziamo oggi un brevissimo viaggio attraverso gli infortuni che abbiano tra i vari e diversi fattori causali anche un problema correlato all’illuminazione ambientale.
Le dinamiche infortunistiche presentate sono tratte dalle schede dell’archivio di INFOR.MO., strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Gli incidenti avvenuti in carenza di illuminazione
Nel primo caso l’infortunio avviene durante lavori di manutenzione straordinaria degli ambienti facenti parte di un locale commerciale.
Due operai, idraulici, stanno lavorando sull’impianto termoidraulico a servizio dei suddetti ambienti ed avendo problemi di adduzione dell’acqua stanno tentando di individuare la tubazione da cui questa arrivava.
Nel girare all’interno di questi ambienti si imbattono in una stanza con la porta che presenta segni di effrazione; questa porta risulta apribile e non sono presenti segnalazioni che indichino il divieto di accesso.
All’interno della stanza è depositato materiale di risulta che occupa gran parte del pavimento. La stanza risulta senza finestre e priva di illuminazione. I due lavoratori entrano nella locale utilizzando i telefonini per illuminarlo, ma ad un certo punto uno dei due operai inciampa su un muretto basso che circonda un pozzo (profondo circa m. 8,00 e di diametro di circa m. 1,40) e precipita dentro ad esso, riportando una frattura toracica. Il pozzo era circondato da un muretto in mattoni alto circa 80 cm ma a causa del materiale di risulta una parte del perimetro risultava essere alta solo 20 cm circa.
I fattori causali rilevati nella scheda:
- locale limitrofo alla zona di lavoro privo di segnaletica con divieto di accesso;
- un lavoratore entrava in una stanza priva di illuminazione;
- presenza di materiale di risulta in prossimità del muretto che delimitava il pozzo e che ne abbassava l’altezza.
Nel secondo caso l’infortunio avviene durante un turno di notte in cui sono presenti in azienda due addetti, operanti in zone diverse.
Il secondo addetto rinviene il cadavere del collega all’interno di una vasca/cassone di deposito materia prima, sotto un aspo rotante e adagiato sulla sottostante coclea (entrambi in funzione). L’aspo ha un diametro di 750 mm e velocità di rotazione di 62 giri/min; è costituito da un albero centrale ed una serie di elementi sporgenti perpendicolari a questo uniti tra loro alle estremità, così da realizzare nell’insieme una struttura elicoidale; svolge la funzione di disgregare la massa di materiale, alimentando una coclea che a sua volta lo convoglia agli impianti di trattamento.
L’infortunio è stato successivamente ricostruito come segue: “l’infortunato, dopo aver riempito il cassone (tramite ‘ragno’), ritenendo che vi fosse un intasamento sotto l’aspo, prima di spegnere i motori rimuoveva la griglia sovrastante l’aspo (collocata a mm 550 da questo) per vedere meglio di cosa si trattava (sul posto, di notte, la visibilità era assai scarsa). Andava poi a prendere un tubo in ferro appositamente utilizzato per la disostruzione, lo appoggiava di lato e, in quei frangenti, metteva un piede in fallo precipitando entro il vano sull’aspo rotante che lo trascinava/schiacciava contro parti fisse dell’impianto”.
L’intasamento in causa “era un evento ricorrente. Non esistevano procedure aziendali in ordine alle modalità operative da adottare. In prossimità di quel punto di lavoro (griglia sovrastante l’aspo) non esistevano interruttori per fermare/riavviare gli impianti, il che comportava la necessità di un continuo va e vieni per spegnere e riaccendere dal quadro comandi (circa 50 passi) quando l’operazione di disostruzione veniva svolta da un solo addetto. Il vano che si creava una volta rimossa la griglia non era delimitato da strutture fisse (parapetti). La caduta nel vano/sull’aspo era comunque pericolosa, anche ad impianti non in funzione”. E l’illuminazione artificiale nella specifica posizione di lavoro era insufficiente.
I fattori causali rilevati:
- l’infortunato rimuove la griglia prima di spegnere la macchina;
- il vano che si creava a seguito della rimozione della griglia non era contornato da parapetto;
- la griglia amovibile non era dotata di dispositivo di blocco tale da provocare l’arresto degli impianti all’atto dell’apertura/rimozione;
- illuminazione artificiale nella specifica posizione di lavoro insufficiente.
L’importanza di una illuminazione adeguata
È indubbio che i principali fattori causali relativi alle dinamiche infortunistiche raccontate non siano relativi all’illuminazione, ma molto probabilmente se in questi ambienti fosse stata assicurata un’adeguata visibilità gli infortuni non sarebbero avvenuti o sarebbero stati meno gravi.
Per trovare qualche suggerimento per favorire un’adeguata illuminazione nei luoghi di lavoro possiamo fare riferimento al documento “ Labor Tutor – Un percorso formativo sulla prevenzione dei fattori di rischio tipici del settore metalmeccanico”, un opuscolo realizzato dall’ Inail in collaborazione con Enfea (Ente Nazionale per la Formazione e l’Ambiente).
Come abbiamo ricordato a inizio articolo, il documento sottolinea che tutti i luoghi di lavoro devono essere adeguatamente illuminati. E una illuminazione inadeguata “oltre a pregiudicare la qualità del lavoro eseguito, accresce l’eventualità che si verifichino eventi traumatici infortunistici (es. scivolamenti, inciampi, urti, ecc.)”.
Ad esempio questo problema “può assumere aspetti rilevanti nelle aree magazzino, che in genere contengono in ampi spazi numerose scaffalature, sviluppate in altezza. Questi luoghi, se non sufficientemente illuminati, possono dare origine a fenomeni di ombreggiamento, rendendo difficoltosa la viabilità e la circolazione di mezzi e pedoni”.
È poi evidente che una scarsa illuminazione dei reparti di produzione “diminuisce la capacità visiva dell’operatore che utilizza macchine utensili e attrezzature, aumentando il rischio di infortunio”. Senza dimenticare che un’errata scelta della collocazione delle fonti di illuminazione “può anche dare origine a fenomeni di abbagliamento e riflesso con conseguente difficoltà visiva che, se protratta nel tempo, può dare effetti negativi (affaticamento, irritazione oculare, cefalee, ecc.) oltre a creare difficoltà nello svolgimento del lavoro”.
Riguardo all’illuminazione si indica poi che l’ illuminazione dei posti di lavoro “deve consentire una buona visione, in modo da poter svolgere correttamente il lavoro in tutte le ore del giorno e in tutte le stagioni. La realizzazione di un impianto di illuminazione in un locale industriale deve essere effettuata valutando il tipo di struttura in cui l’impianto si inserisce e il tipo di attività che vi si svolge, quindi la disposizione delle postazioni di lavoro, dei flussi delle persone e gli spostamenti dei materiali che possono far mutare gli spazi di manovra e di transito, ovvero l’area da illuminare”. Inoltre posto che nei locali industriali – con particolare riferimento al settore metalmeccanico – l’attività lavorativa è svolta utilizzando macchine utensili, “è opportuno che vengano installati impianti di qualità elevata, in grado di assicurare condizioni lavorative ottimali, unitamente a un elevato grado di sicurezza per il personale. In ogni caso, l’illuminazione generale dei locali industriali va molto spesso coordinata e integrata con un’illuminazione localizzata. Fondamentale, come per ogni impianto, è la manutenzione, che per edifici di vaste dimensioni, se avviene in modo programmato e periodico, garantisce notevoli vantaggi economici”.