Sulla responsabilità del proprietario non committente
Nel decidere su di un ricorso presentato dal Procuratore generale della Corte di Appello e dalla parte civile contro una sentenza della Corte territoriale con la quale la stessa aveva assolto la proprietaria di un immobile per l’infortunio accaduto a un prestatore d’opera nel cantiere installato per l’esecuzione di alcuni lavori di ristrutturazione dell’immobile e con la quale aveva confermata invece la condanna del committente, marito della proprietaria, la Corte di Cassazione ha avuto modo di occuparsi, così come poche volte aveva fatto in precedenza, del tema relativo alla responsabilità o meno per l’infortunio accaduto in cantiere del proprietario non committente dell’immobile in ristrutturazione. Ribattendo la tesi sostenuta dal Procuratore generale e dalla parte civile, secondo la quale le due figure della proprietaria e del committente coincidano nel caso che non sia stata conferita una delega da parte della prima, la suprema Corte ha avuto occasione di evidenziare la differenza che vi è fra le due figure ai fini dell’applicazione delle norme di salute e sicurezza sul lavoro, e di ribadire altresì il principio esistente in giurisprudenza secondo il quale gli obblighi di sicurezza previsti dagli artt. 26 e 90 del D. Lgs n. 81/2008 gravano esclusivamente sul committente da intendersi come colui che ha stipulato il contratto d’appalto per cui non è configurabile alcuna responsabilità a carico del proprietario non committente purché lo stesso non si sia ingerito nell’esecuzione delle opere. Il committente, ha rilevato la suprema Corte, così come definito dall’art. 89 del D. Lgs. n. 81/2008 riguardante la disciplina in materia di sicurezza sul lavoro, è colui “per conto del quale l’opera viene realizzata” tenendo presente che l’espressione “per conto” è equivalente sia a “per incarico di” oppure a “in nome di” oppure ancora “a favore di” e che si tratta, in ogni caso, di un soggetto che ha interesse alla realizzazione dell’opera o perché è il colui che stipula il contratto o perché si avvantaggia della sua realizzazione o vi è tenuto giuridicamente oppure perché è stato delegato ad occuparsene. E’ ben possibile, quindi, ha precisato la Corte di Cassazione, che i soggetti non coincidano e che chi stipula il contratto in qualità di committente e si assume gli obblighi di scelta delle imprese esecutrici, dell’organizzazione del cantiere e del controllo della sua regolare esecuzione non sia il proprietario del bene o colui a vantaggio del quale l’opera è realizzata. La stessa Corte di Cassazione ha citato, come esempio, due casi calzanti che riguardano committenti non proprietari quale quello del soggetto che, conducendo in locazione un immobile, per provvedere, per obbligo giuridico, all’effettuazione di opere di manutenzione ordinaria, incarichi un’impresa e concluda un contratto per provvedervi ed è lui quindi e non il proprietario che assume, in modo esclusivo, il ruolo di ‘committente’, oppure il caso in cui, nell’ipotesi di cui all’art. 2028 cod. civ., qualcuno interviene spontaneamente su un bene altrui, in absentia domini, al fine di porre rimedio a situazioni in cui è necessario un intervento urgente. Nel caso in esame la suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dal Procuratore generale e dalla parte civile e ha confermata l’assoluzione della proprietaria non essendo emerso che la stessa abbia concluso contratti sia con l’impresa esecutrice che con il prestatore d’opera infortunatosi e non essendo emerso che la stessa si sia ingerita nell’esecuzione delle opere in quanto, pur recandosi in cantiere, essa non è intervenuta per motivi tecnici ma si è limitata a controllare l’effetto estetico dei lavori.
Il fatto e i primi gradi di giudizio
La Corte d’Appello ha parzialmente riformata la sentenza del Tribunale con cui la proprietaria di un immobile e suo marito erano stati dichiarati colpevoli del reato di cui all’art. 590 commi l, 2 e 3 cod. pen., assolvendo la prima e confermando la penale responsabilità del secondo per avere, nella qualità di committente dei lavori di opere di ristrutturazione della loro abitazione, con colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e nella violazione delle norme di all’art. 90 e 125 del D. Lgs. n. 81/2008, cagionato a un operaio imbianchino prestatore d’opera lesioni personali gravi con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per centottanta giorni. Il prestatore d’opera si era recato in cantiere per ottenere dal marito della proprietaria il pagamento dei lavori di cappottatura realizzati sulla facciata posteriore dell’abitazione ma, accortosi della necessità di una piccola rifinitura, era salito su di un ponteggio, in precedenza utilizzato dall’impresa esecutrice dei lavori, già parzialmente smontato e privo di ancoraggio, ricostruendolo parzialmente ed avvalendosi di una scala in ferro per raggiungere la parete dove effettuare l’intervento. Nel mentre operava in questo modo era precipitato da un’altezza di 6/8 metri, a seguito della caduta del ponteggio.
La sentenza di primo grado aveva affermata la responsabilità dei due imputati ritenendoli entrambi committenti dell’opera affidata al prestatore d’opera il primo, in quanto soggetto che aveva concretamente affidato i lavori e la seconda, proprietaria del bene, in quanto consapevole, pur non avendo fornito direttive, dell’affidamento dei lavori alla persona offesa e delle condizioni di realizzazione dei medesimi, che peraltro aveva provveduto a controllare, recandosi spesso fuori dall’abitazione ove viveva con il marito. Il giudice monocratico aveva rimproverato ai coniugi di non essersi conformati agli obblighi incombenti sul committente ex art. 90 del D. Lgs. n. 81/2008 ed alle misure generali di tutela di cui all’art. 15 del medesimo decreto, anche in relazione all’omessa verifica delle capacità tecnico-professionali del prestatore d’opera (peraltro irregolare sul territorio e quindi privo anche dell’iscrizione alla camera di commercio), mentre aveva esclusa la responsabilità dell’impresa affidataria che non aveva avuto potere organizzativo e direttivo nei confronti della persona offesa, avendo egli posto in essere esclusivamente una attività di intermediazione fra le parti, tanto che l’incarico al prestatore d’opera era stato affidato direttamente dal committente ‘in economia’.
La sentenza di secondo grado aveva confermata la penale responsabilità del marito della proprietaria mentre aveva esclusa per quest’ultima la configurabilità della qualifica di committente dei lavori, sottolineando che solo il marito aveva condotte le trattative con l’infortunato concordando il corrispettivo della prestazione, e che solo lui si era occupato della verifica del regolare svolgimento dei lavori, sicché solo su di lui incombevano gli obblighi di cui all’art. 90 del D. Lgs. n. 81/2008. La semplice attività posta in essere dalla proprietaria di uscire d casa per ‘controllare’, senza intervenire era stata ritenuta dalla Corte territoriale una semplice valutazione estetica e non tecnica, dalla quale potesse discendere alcuna responsabilità, stante il principio giurisprudenziale secondo cui nessun obbligo giuridico si configura in capo al proprietario del bene, non committente delle opere.
I ricorsi per cassazione e le motivazioni
Avverso la sentenza della Corte di Appello hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la stessa Corte e la parte civile. Il Procuratore generale ha affidata la sua impugnazione su una erronea interpretazione delle norme di cui al D. Lgs. n. 81/2008 in materia di contratto d’opera e sicurezza sul lavoro, richiamando la nozione di committente ricavata dalla Direttiva 92/57/CEE, che definisce tale una “qualsiasi persona fisica o giuridica per conto della quale l’opera viene realizzata”, che può provvedere, ai sensi del D. Lgs n. 81/2008 a nominare un responsabile dei lavori attraverso una delega che abbia i requisiti formali prescritti, nomina che è mancata del tutto nel caso in esame.
La parte civile fra le motivazioni ha messo in evidenza, con riferimento alla definizione data del committente dal D. Lgs. n. 81/2008, che solo la proprietaria del bene poteva essere considerata soggetto a vantaggio del quale l’opera veniva realizzata e che il primo giudice aveva anche dato risalto ad altre circostanze, quali la scelta del lavoratore, la modalità pagamento ‘in nero’ e l’evidente condivisione della gestione, posto che i coniugi abitavano nell’immobile dove venivano svolte le opere. La parte civile si era lamentata anche dell’assoluzione del titolare dell’impresa esecutrice benché questi avesse allestito il ponteggio, senza alcun ancoraggio stabile e ben sapesse che per svolgere l’attività affidata al prestatore d’opera lo stesso l’avrebbe dovuto utilizzare. La parte civile ha concluso pertanto chiedendo l’annullamento della sentenza di assoluzione, con o senza rinvio, per la proprietaria e con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di provenienza per il titolare dell’impresa affidataria.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
I ricorsi sono stati entrambi rigettati. La lamentela del Procuratore generale e della parte civile relativa alla responsabilità della proprietaria sono state affrontate insieme dalla Corte di Cassazione essendo stata mossa dalla condivisione della nozione di committente, come soggetto ‘per conto del quale l’opera viene realizzata’ così come ricavata dalla Direttiva 92/57/CEE. Sulla base di tale definizione i ricorsi avevano fondata la sussistenza di una posizione di garanzia in capo alla proprietaria del bene oggetto delle opere, e quindi soggetto nel cui interesse esse venivano svolte, che, in assenza di una delega avente i necessari requisiti formali (di cui all’art. 16 del D. Lgs. n. 81/2008 al quale benché non espressamente richiamato, era stato fatto sostanzialmente riferimento) conservava su di sé la qualifica di committente, con assunzione dei relativi oneri in materia di sicurezza.
In merito la suprema Corte ha immediatamente precisato che la figura del committente, nel senso richiamato dal Procuratore generale ricorrente e dalla parte civile, è attualmente delineata dall’art. 89, comma 1 lett. b) del D. Lgs. n. 81 del 9 aprile 2008, che lo definisce come soggetto ‘per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione’.
Partendo dall’assunto secondo cui sul committente grava il dovere di sicurezza in relazione all’esecuzione del contratto di appalto, così come del contratto d’opera, la Sez. IV ha ritenuto di evidenziare la distinzione fra la figura del committente e quella del proprietario, posto che la sentenza impugnata aveva assolta la proprietaria proprio sulla base dell’inapplicabilità degli obblighi, di cui all’art. 90 del D. Lgs. n. 81/2008 al proprietario del bene non committente dell’opera, laddove il ricorrente Procuratore generale e la parte civile avevano ritenuto che in assenza di delega del proprietario a terzi, da ritenersi nel caso in esame inesistente, le due figure coincidevano.
La disposizione di cui all’art. 89 del D. Lgs. n. 81/2008, ha fatto presente la suprema Corte, ha definito il committente come colui ‘per conto del quale l’opera viene realizzata’. L’espressione ‘per conto’, è da considerarsi equivalente sia a “per incarico di” oppure a “in nome di” oppure ancora “a favore di”. Si tratta, in ogni caso, di un soggetto che ha interesse alla realizzazione dell’opera o perché è il colui che stipula il contratto o perché si avvantaggia della sua realizzazione o vi è tenuto giuridicamente oppure perché è stato delegato ad occuparsene. E’ ben possibile dunque, ha così proseguito la Corte, come sembra avere sottinteso quella territoriale, che i soggetti non coincidano e che chi stipula il contratto in qualità di committente non sia il proprietario del bene o colui a vantaggio del quale l’opera è realizzata.
A mero titolo di esempio, la Corte di Cassazione ha fatto riferimento ad un soggetto che conduca in locazione un immobile e che per provvedere a delle opere di manutenzione ordinaria incarichi un’impresa. Egli ha un obbligo giuridico di provvedere a un siffatto tipo di manutenzione e, quindi, laddove concluda un contratto per provvedervi è lui e non il proprietario che assume, in modo esclusivo, il ruolo di ‘committente o a un soggetto che, nell’ipotesi di cui all’art. 2028 cod. civ., intervenga spontaneamente su un bene altrui, in absentia domini al fine di porre rimedio a situazioni in cui è necessario un intervento urgente, oppure ancora a un amministratore condominiale che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio che assume, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di “committente”, come tale tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione.
Contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, dunque, ha così proseguito la Sez. IV, non esiste affatto una necessaria coincidenza fra la figura del proprietario che si avvantaggia delle opere e quella del committente che le appalta. Questa osservazione permette di meglio comprendere che la responsabilità del committente, è posta in stretto collegamento con l’affidamento dell’opera e che la sua posizione di soggetto su cui incombe il governo del rischio deriva proprio dal dovere di sicurezza in relazione all’incidenza che la sua condotta assume sia nell’opzione di individuare un contraente inadeguato, che nell’essersi eventualmente ingerito nell’esecuzione del contratto. Ciò spiega che, se da un lato non può essere richiesto al committente un pressante e continuo controllo sull’opera il cui svolgimento egli ha affidato a terzi, essendogli riservato il potere di risoluzione del contratto in caso di inadempimento, nondimeno, dall’altro, non si può prescindere dall’esigere, da parte sua, la diligenza nella scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera cui affidare i lavori, onere specificamente previsto dall’art. 90, comma 9 del D. Lgs. n. 81/2008 e comunque derivante dalla sua scelta contrattuale.
Con riferimento poi alla mancanza di una delega di funzioni con le forme previste dall’art. 16 del D. Lgs. n. 81/2008 necessaria, secondo i ricorrenti, a liberare il proprietario dalle responsabilità per i lavori svolti sul bene oggetto del suo dominio, la Corre i Cassazione evidenziando che tale art. 16 si riferisce alla figura del datore di lavoro e non del committente, ha sottolineato come “la responsabilità in capo al committente, nei limiti descritti di culpa in eligendo e di ingerenza nell’esecuzione deriva, non dalla delega formale ricevuta da proprietario, ma proprio dalla sua veste di soggetto che affida il lavoro.
Chiarita, dunque, la non necessità della delega scritta, la suprema Corte ha affrontata la specifica questione della responsabilità della proprietaria, esclusa dalla sentenza impugnata in relazione alla totale assenza di ingerenza della medesima nell’esecuzione delle opere, essendo pacifico, anche nella prospettazione dei ricorrenti, che la medesima non ha concluso contratti né con l’impresa né con il prestatore d’opera infortunato e si è ingerita nell’esecuzione dell’opera sol perché controllava l’effetto estetico dei lavori, trattandosi, come ben rilevato dalla Corte territoriale, di un’attività che nulla ha a che fare con verifiche e controlli tecnici.
Con riferimento, infine, al fatto che né il primo né il secondo giudice avevano riconosciuto la qualifica di ‘preposto’ di cantiere al titolare dell’impresa esecutrice e lo avevano pertanto assolto, la Corte di Cassazione ha sottolineato l’assenza della prova circa la sussistenza di direttive dallo stesso impartite, anche sotto il mero profilo organizzativo dei lavori da svolgere, o circa l’esercizio di poteri gerarchici nei confronti della persona offesa, con conseguente assunzione di obblighi di prevenzione antinfortunistica. Era, infatti, emerso in giudizio, infatti, che il prestatore d’opera infortunatosi aveva assunto i lavori in piena autonomia ed era stata esclusa la responsabilità del titolare dell’impresa esecutrice anche in ordine al montaggio del ponteggio, peraltro incongruamente rimontato dalla persona offesa, quando era già stato in parte smontato e sul quale lo stesso era stato invitato a non salire proprio poco prima di cadere.