Geofencing in USA e in Italia
Cominciamo ad esaminare la situazione gli Stati Uniti, dove stanno nascendo molte perplessità sulla possibilità di utilizzare questa tecnologia avanzata.
L’espressione geofencing fa riferimento al fatto che gli agenti di polizia giudiziaria possono chiedere a Google di indicare i codici identificativi di tutti gli apparati telefonici, che si trovano in una determinata area ed in un determinato periodo di tempo. La dimensione dell’area può variare da poche centinaia di metri fino a km quadrati. Il periodo di tempo ricoperto da queste richieste varia in misura significativa, passando da un’ora ad addirittura 33 ore.
Gli agenti di polizia inviano una richiesta formale a Google di dare informazioni, secondo i tempi e luoghi indicati. La richiesta viene inviata a Google per il fatto che questa azienda gestisce un gigantesco database, chiamato SensorVault, che viene utilizzato per varie finalità, tra le quali si pone in particolare evidenza l’invio di messaggi promozionali provenienti da aziende, che si trovano nelle immediate vicinanze della ubicazione rilevata dell’apparato telefonico.
La accuratezza della localizzazione può variare, a seconda che l’utente dell’apparato cellulare sia utente di Google Maps, oppure l’informazione venga prelevata dalla posizione della stazione base, cui il telefono si connette.
Una tipica circostanza nella quale le forze dell’ordine possono avanzare la richiesta riguardo ad esempio il fatto che una serie di crimini si sia sviluppata, in zone relativamente vicine. In questo caso può sembrare legittimo il fatto che le forze dell’ordine chiedano di ricevere i dati di tutti gli apparati cellulari che si trovavano nelle vicinanze della zone dove i crimini sono stati perpetrati.
La legittimità della richiesta
Ad oggi esistono molti dubbi negli esperti di protezione e trattamento di dati personali circa il fatto che queste richieste della polizia debbano essere soddisfatte.
Vi sono già un paio di ricorsi giudiziari, e i soggetti coinvolti stanno attendendo l’esito di queste attività giudiziarie, per capire se e come queste richieste possano essere legittimamente avanzate, per motivi legati alla tutela della sicurezza pubblica, oppure no.
Al proposito, la corte suprema degli Stati Uniti ha affermato che le forze dell’ordine possono legittimamente raccogliere i dati relativi alla ubicazione delle stazioni base contattate da un cellulare, rivolgendosi a un gestore telefonico, se e quando esistono prove credibili del fatto che la disponibilità di queste informazioni potrebbe essere di grande aiuto nell’identificare il criminale.
Questa situazione viene classificata, nel linguaggio giuridico anglosassone, con l’espressione “probable cause”.
La situazione in Italia
In Italia la individuazione di un punto geografico dove si trova un apparato cellulare viene già eseguita, ed i dati relativi vengono utilizzati, ad esempio, nel verificare il luogo da cui proviene una chiamata di emergenza, ad esempio al numero unico europeo 112. Quest’operazione viene effettuata senza alcuna specifica richiesta da parte delle forze dell’ordine, in quanto si ritiene che la identificazione del luogo da cui proviene una chiamata di emergenza abbia assoluta priorità, proprio in ragione della possibile causa della chiamata stessa.
Quando però questi dati vengono raccolti per indagini giudiziarie, non sempre è possibile richiedere questi dati in tempo reale, ma si potrebbero chiedere a distanza di tempo e in questo caso il numero unico 112 non tiene storia di queste connessioni.
Diverso il caso in cui la richiesta venga indirizzata ai gestori di servizi telefonia, che possono tenere in memoria il numero dei telefoni cellulari che si sono agganciati ad una cella, soprattutto perché questo dato diventa prezioso per una valutazione del traffico gestito da una cella e quindi del possibile sovraccarico o meno di lavoro della cella stessa.
È bene comunque sottolineare che vi è una differenza enorme tra l’accuratezza del dato che viene recuperato dal numero 112, e dunque da un servizio di triangolazione, rispetto al dato di posizione che viene recuperato da Google, soprattutto se l’utente utilizza Google Maps.
Ad oggi, non risultano contestazioni legali al fatto che sia il 112, sia le forze dell’ordine, utilizzino o calcolino questi dati.