Piano Operativo di Sicurezza: natura, requisiti, responsabilità
Il Piano Operativo di Sicurezza è definito dal Testo Unico come “il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell’articolo 17 comma 1, lettera a”, ai sensi dell’articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell’allegato XV” (art.89 c.1 lett.h) D.Lgs.81/08).
Come noto, la norma cui rinvia la definizione del POS – ovvero l’art.17 c.1 lett.a) D.Lgs.81/08 (“Obblighi del datore di lavoro non delegabili”) – prevede che “il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28”.
E’ stato di recente sottolineato (Cassazione Penale, Sez.IV, 4 febbraio 2020 n.4626) che “il datore di lavoro risponde dell’infortunio occorso al lavoratore, in caso di violazione degli obblighi, di portata generale, relativi alla valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali siano chiamati ad operare i dipendenti, e della formazione dei lavoratori in ordine ai rischi”.
E “a ciò si aggiunge il previsto obbligo del datore di lavoro di richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione (art.18, co.1 lett.f d.lgs. n.81/2008); previsione che conferisce plastica evidenza all’obbligo, peraltro già rinvenibile in chiave logica, di dare concreta attuazione alle misure di prevenzione identificate con la valutazione dei rischi, al cui ampio genus appartiene anche il Pos”.
La “non genericità” del POS e il requisito della “specificità” nel concreto
La Suprema Corte ha sottolineato ripetutamente che “il piano operativo di sicurezza costituisce uno strumento di prevenzione dei rischi connessi allo svolgimento dell’attività e, pertanto, deve contenere disposizioni specifiche in relazione alle diverse attività che vengono svolte nel luogo di lavoro, tali da rendere attuabili gli obiettivi del piano di sicurezza e coordinamento, non potendo costituire la mera riproduzione di quest’ultimo”. (Cassazione Penale, Sez.III, 13 luglio 2012 n.28136.)
Un POS contenente previsioni meramente generiche è, ad esempio, oggetto di Cassazione Penale, Sez.IV, 20 settembre 2011 n.34365, con cui la Corte ha confermato la responsabilità di un datore di lavoro (della P. Costruzioni s.r.l.), di un responsabile dei lavori e di un direttore tecnico per la morte di un lavoratore.
L’infortunio era avvenuto in un cantiere della ditta P. “che doveva realizzare una galleria; per procedere nello scavo si era reso necessario operare con l’esplosivo”.
La vittima (il fuochino D.V., assunto da solo una settimana) “provvedeva ad inserire i candelotti di esplosivo nei fori che erano stati realizzati la sera prima; seguivano le varie operazioni di routine e giunti alla fase del c.d. “disgaggio”, essendovi un punto dove vi era una sporgenza da rimuovere, lo stesso D.V. indicava al collega I. di procedere con il “martellone”, operazione che cagionava lo scoppio di una carica inesplosa e la morte immediata dello stesso D.V.”
Gli imputati “sono stati ritenuti responsabili, nelle rispettive qualità, per difetto di informazione e formazione […] per non aver impartito ai propri dipendenti istruzioni scritte circa le modalità di impiego dell’esplosivo ed in particolare circa il caricamento delle mine; il POS, neppure quello integrativo, non conteneva prescrizioni al riguardo e gli imputati non avevano preteso dai propri dipendenti che l’operazione di carico delle mine venisse eseguita, così come avrebbe dovuto essere, dal solo fochino D.V.; consentirono che vi collaborassero altri operai, secondo una prassi abituale, come riferito dai dipendenti e confermato dalla rapidità in cui avvenne l’operazione, 1 ora a fronte del tempo di 2 ore necessario per procedervi ove effettuata regolarmente”.
Come anticipato, la Cassazione ha confermato la responsabilità dei tre ricorrenti sulla base di un addebito che “ha trovato concreto riscontro nelle testimonianze rese dai dipendenti e nella mancanza di specifiche previsioni al riguardo nel piano operativo di sicurezza (POS) della P.”, dal momento che era stato accertato “che nel POS originario, che si specifica essere stato predisposto da P.F. [responsabile dei lavori, n.d.r.] e sottoscritto dal datore di lavoro P.G., i pericoli connessi all’utilizzo degli esplosivi non erano nemmeno stati menzionati e che nel POS integrativo, redatto […] poco prima dell’incidente, pur prevedendosi l’utilizzo di esplosivi, ci si limitava a generiche disposizioni che stabilivano che ai lavoratori addetti alla manipolazione ed uso degli esplosivi sarebbero state fornite istruzioni e, quanto alla specifica fase del disgaggio, che sarebbero stati informati sui rischi specifici della lavorazione e formati sul corretto modo di procedere.”
Ma “in realtà è avvenuto che nessuna precisa istruzione è stata data” e “nessuna procedura è stata individuata e seguita”.
Le responsabilità dell’impresa affidataria rispetto al POS
In Cassazione Penale, Sez.IV, 24 luglio 2019 n.33239 la Corte ha confermato la responsabilità del datore di lavoro (C.O.) di un’impresa affidataria per l’infortunio occorso ad un lavoratore della ditta subappaltatrice.
A C.O. era stato contestato di “aver scelto (con il subappalto) una ditta che non garantiva in alcun modo il rispetto delle prescrizioni prevenzionistiche e di aver omesso l’opera di coordinamento, non comunicando alla committenza e al coordinatore per l’esecuzione dei lavori il coinvolgimento nel cantiere degli operai della società [subappaltatrice, n.d.r.].”
Dopo aver premesso che “non è dubbio che il C.O. avesse l’obbligo di comunicare di aver disposto il subappalto al coordinatore per l’esecuzione; e di richiedere il POS della ditta [subappaltatrice, n.d.r.] per poi trasmetterlo al coordinatore”, la Cassazione ricorda che “l’art.97 del d.lgs.n.81/2008 (la cui violazione è stata esplicitamente contestata al C.O.) dispone che il datore di lavoro dell’impresa affidataria verifica le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.”
La Corte aggiunge inoltre che tale norma “prevede, altresì, che gli obblighi derivanti dall’articolo 26, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al datore di lavoro dell’impresa affidataria e che il datore di lavoro dell’impresa affidataria deve, inoltre:
a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
b) verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l’esecuzione.”
Nel caso di specie – precisa la Corte – l’osservanza di tali obblighi “avrebbe palesato la assoluta inadeguatezza della ditta [subappaltatrice, n.d.r.] e determinato l’intervento del coordinatore per l’esecuzione dei lavori. Il quale, tra i suoi obblighi, ha anche quello di segnalare al committente le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95, 96 (e pertanto anche la omessa redazione del POS da parte delle imprese esecutrici)”.
Le responsabilità dell’RSPP rispetto al POS
In Cassazione Penale, Sez. IV, 13 luglio 2018 n.32227, la Suprema Corte ha confermato la condanna di un RSPP (F.G.) per omicidio colposo “ai danni del lavoratore K.D.”.
In particolare, “si è contestato al F.G. di avere cagionato, in concorso con altri, nella qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione ( RSPP) della società F. a r.l., la morte […] del lavoratore dipendente di quell’ente, il predetto K.D., mentre era impegnato in attività lavorativa svolta presso lo stabilimento di Castegnato (BS) dell’appaltante O. S.p.A in base ad un appalto per la costruzione e il montaggio di elementi speciali di carpenteria.”
Nello specifico, “al F.G. si è rimproverato, nell’ambito della valutazione dei rischi, condensata nel Piano Operativo di Sicurezza, di non aver individuato quelli di investimento connessi alla movimentazione di pezzi di carpenteria mediante carroponte e di non aver fornito alcuna indicazione sulle relative misure di prevenzione.”
Con riferimento poi ai motivi di ricorso di F.G., non è stata condivisa l’“argomentazione difensiva secondo cui il POS acquisito sarebbe stato artatamente predisposto dalla stessa F., servendosi di quello relativo al cantiere di Pordenone, rivendicato dal F.G. come proprio: quel giudice, nel rilevare che il F.G. era solito utilizzare lo stesso “canovaccio” di POS per più cantieri (dato che ha ricavato dal semplice raffronto tra il POS di Porto Marghera e quello riguardante il cantiere di Castelmella, aventi identico contenuto, eccezion fatta per la sede e il nome dei responsabili e dei lavoratori), ha ritenuto che tale fosse il modus operandi dell’imputato.”
Infine, “con specifico riferimento alla non necessità della redazione del POS (rispetto al quale la difesa aveva sostenuto la sufficienza del solo DVR), la Corte ha ritenuto l’argomento del tutto irrilevante, dal momento che la redazione di esso si sarebbe tradotta in un mero errore di valutazione circa il documento da adottare, ma non avrebbe eliso il nesso causale tra la condotta e l’infortunio verificatosi.”
Le responsabilità del Coordinatore per l’Esecuzione rispetto al POS
Concludiamo questa sintetica rassegna, condotta come sempre senza pretese di esaustività, citando una sentenza del mese scorso (Cassazione Penale, Sez.IV, 25 gennaio 2021 n.2845; di cui per brevità non possiamo riassumere il caso ma di cui riportiamo il principio), con cui la Corte ha sottolineato che “se la posizione riconosciuta al coordinatore per la progettazione e la esecuzione è quella della alta vigilanza delle lavorazioni, sottesa a gestire il rischio interferenziale e non già a sovraintendere momento per momento alla corretta applicazione delle prescrizioni e delle metodiche risultanti dal POS come integrate dal datore di lavoro e filtrate nel PCS (da ultimo sez.IV, 24.5.2016, Battisti, n.27165; 12.11.2015, Portera e altri, Rv.265661), nondimeno la figura del coordinatore rileva nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia della incolumità dei lavoratori e a tale fine rileva al contempo una scrupolosa verifica della idoneità del POS e nella assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e di coordinamento e nell’assicurazione dell’adeguamento dei piani in relazione alla evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute (con particolare riferimento a ipotesi di mancata verifica di idoneità del POS che non contemplava il rischio di caduta attraverso lucernari sez. IV, 14.9.2017, Prina Rv.271026).”