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08 Feb

La responsabilità della sicurezza per i macchinari concessi in uso

La violazione dell’articolo 23 del D. Lgs. n. 81/2008, secondo il quale è vietata la concessione in uso di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle norme legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, è l’oggetto di questa sentenza della Corte di Cassazione con la quale la stessa ha rigettato il ricorso presentato dall’amministratore di una società condannato nei due primi gradi di giudizio per avere cagionato delle lesioni gravissime, consistite in un trauma da schiacciamento con conseguente amputazione degli arti inferiori, a un lavoratore riportate a seguito di un infortunio accaduto nei pressi di un macchinario non sicuro dallo stesso concesso in uso.

Con riferimento alla posizione difensiva del comodante del macchinario basata su delle clausole di responsabilità contenute nel contratto di comodato stipulato con l’utilizzatore, la suprema Corte ha precisato che le conseguenze di rilevo penale derivanti dalla concessione in uso di macchinari e attrezzature di lavoro non conformi alle disposizioni antinfortunistiche legislative e regolamentari vigenti non possono essere eluse con una clausola di esonero da responsabilità contenuta in un contratto di comodato che comporta effetti civili oltretutto limitati alle parti dell’accordo.

Il fatto e l’iter giudiziario

La Corte di Appello ha parzialmente confermata la sentenza del Tribunale nella parte in cui l’amministratore di una società è stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 41, 590 commi 1,2 e 3 e 583 comma 2 n. 3 del codice penale per aver cagionato a un lavoratore una lesione personale gravissima consistita in un trauma da schiacciamento compressivo da pressa con conseguente amputazione degli arti inferiori. Con particolare riferimento alla posizione dell’imputato, la sentenza impugnata aveva ritenuto provato che lo stesso amministratore avesse concesso in uso all’impresa datrice di lavoro dell’infortunato una pressa e nastro trasportatore nonché i dispositivi di protezione individuali non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Il lavoratore infortunato, assunto con le mansioni di incaricato alla selezione e allo smistamento dei rifiuti, era stato convocato da un superiore presso la sede di lavoro, nonostante fosse il suo giorno di riposo, ed era stato destinato al compimento di attività da lui mai svolte in precedenza, consistenti nell’inserimento della carta da riciclare sul nastro che l’avrebbe poi trasportata alla pressa schiaccia-rifiuti. Alle 13.30 la pressa si era bloccata a causa dell’eccessivo volume di carta inserita e il lavoratore era stato incaricato di sbloccarla, operazione per fare la quale il lavoratore si era posizionato con i piedi direttamente sulla carta bloccata. Era accaduto che, sebbene il lavoratore avesse preventivamente spento l’interruttore del nastro trasportatore l’improvviso sblocco del macchinario lo aveva fatto scivolare al suo interno provocandogli l’amputazione di entrambi gli arti inferiori. L’ispettore della Asl aveva riscontrato che il macchinario, fornito con un contratto di comodato, era stato arbitrariamente assemblato in un unico percorso produttivo e aveva accertato che lo spegnimento del nastro non interrompeva la lavorazione della pressa e che non vi erano altresì postazioni per intervenire sulla pressa al fine di sbloccare l’intasamento della carta.

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione adducendo varie motivazioni. Lo stesso si è lamentato per il fatto che la Corte di Appello non avrebbe esaminato i dati fattuali specificamente dedotti dalla difesa nell’atto di impugnazione e, in particolare, il contratto di comodato con cui erano stati consegnati i macchinari sia perché aveva ad oggetto separatamente la pressa e il nastro trasportatore, sia perché esonerava il comodante da ogni responsabilità in merito al funzionamento ed alle modalità di utilizzo dei macchinari stessi, soprattutto se oggetto di modifica e di utilizzo “in linea di produzione” da ciò desumendosi che l’assemblaggio in un unico processo produttivo non fosse riconducibile al cedente. I due macchinari, ha sostenuto altresì il ricorrente, considerati singolarmente, erano a norma, come anche chiaramente ammesso dall’ispettore del lavoro nel corso dell’esame dallo stesso effettuato e quindi era stata la modifica apportata dal datore di lavoro nel sistema di utilizzo degli stessi macchinari che aveva portato all’infortunio del lavoratore provocandogli le lesioni.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di ricorso legato alla dichiarazione sulla conformità del macchinario alle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro. La stessa ha messo in evidenza infatti che dalla lettura delle sentenze di merito è emerso chiaramente che la persona giuridica di cui il ricorrente era legale rappresentante aveva concesso in uso al datore di lavoro dell’infortunato un macchinario non conforme alla normativa antinfortunistica e che l’argomento secondo il quale la pressa ed il nastro trasportatore fossero a norma e fossero stati successivamente assemblati dall’utilizzatore era stato già espressamente affrontato e sconfessato nella sentenza di primo grado, sul presupposto che il macchinario fosse stato concesso in uso appena nove giorni prima dell’infortunio né nell’atto di appello erano state sollevate censure di sorta su tale particolare rilievo.

Con riguardo poi al rilievo secondo il quale il contratto di comodato prevedeva il totale esonero da responsabilità del comodante «in merito al funzionamento ed alle modalità di utilizzo dei macchinari, soprattutto se oggetto di modifica e utilizzate in linea di produzione», la suprema Corte ha osservato che la responsabilità penale del ricorrente era stata fondata sulla violazione dell’art. 23, comma 1, del D. Lgs. n. 81/2008. “Tale norma”, ha così proseguito la Sez. IV, “individua un particolare divieto a carico di colui che concede in uso macchinari ed attrezzature di lavoro non conformi alle prescrizioni antinfortunistiche, dalla cui violazione derivano conseguenze di rilievo penale che non possono essere eluse con una clausola di esonero da responsabilità contenuta in un contratto, che comporta effetti civili oltretutto limitati alle parti dell’accordo, secondo il principio generale dettato dall’art. 1372 cod. civ.”.

In merito poi alla censura mossa dal presupposto che il datore di lavoro avesse modificato il macchinario la suprema Corte ha precisato che tale circostanza non è emersa dall’esame degli atti essendo stato il datore di lavoro ritenuto pacificamente responsabile di aver messo a disposizione dei dipendenti un’attrezzatura costituita da pressa e nastro trasportatore assemblati in un unico processo produttivo «indipendentemente da chi avesse poi compiuto materialmente l’assemblaggio dei macchinari.

Alla luce delle considerazioni sopraindicate la Corte di Cassazione ha in conclusione rigettato il ricorso e, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile.