Modello organizzativo, delega e vigilanza nelle società con più siti
Una recente ed interessante sentenza (Cassazione Penale, Sez.III, 12 giugno 2019 n.25977)affronta il tema del rapporto tra modello organizzativo ai sensi dell’art.30 del D.Lgs.81/08 e vigilanza del datore di lavoro all’interno di una multinazionale con una pluralità di siti produttivi, passando attraverso il tema della delega di funzioni e, segnatamente, del collegamento che l’art.16 c.3 del Testo Unico pone, in termini di presunzione avente valore giuridico, tra l’obbligo di vigilanza del delegante ed il sistema di verifica e controllo adottato e attuato nell’ambito del MOG. Vediamo brevemente il caso e poi i principi sanciti dalla Corte.
Il caso
La Suprema Corte con questa pronuncia annulla con rinvio la sentenza del Tribunale di Milano che aveva condannato il datore di lavoro (amministratore delegato) per non avere provveduto “ad assicurare la conformità dei luoghi di lavoro ai requisiti di salute e sicurezza normativamente previsti, a norma degli artt.63, comma 1, 64, comma 1, e 68, comma 1, lett.b), d.lgs.n.81 del 2008” e, più nello specifico, per aver “omesso di assicurare l’adozione di adeguate opere provvisionali per impedire la caduta del personale nelle aperture dei pavimenti e delle pareti delle aree pertinenti ad un capannone ubicato nello stabilimento di …, ed all’interno del quale era sistemata la macchina continua denominata “linea MCI”.”
Secondo la Cassazione, che ritiene fondato il ricorso del datore di lavoro, al centro della questione si pone il tema relativo alla “individuazione del contenuto dell’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza dei dipendenti all’interno di strutture complesse” organizzate “su una pluralità di stabilimenti, e, in particolare, dei limiti di efficacia attribuibili alla delega conferita dal datore di lavoro ai fini della esenzione del medesimo da responsabilità.”
L’obbligo di vigilanza del delegante sul delegato nelle strutture complesse
La Corte premette anzitutto che “secondo la consolidata elaborazione della giurisprudenza di legittimità, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la delega di funzioni, come disciplinata dall’art.16 d.lgs.9 aprile 2008, n.81, non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.”
Allo stesso tempo “è però altrettanto avvertita l’esigenza di individuare i limiti alla responsabilità del datore di lavoro in caso di delega”, dal momento che, come si è più volte ricordato anche in questa sede in precedenti contributi (si veda, per tutti, L’obbligo di vigilanza del delegante sull’attività del delegato )“in caso di delega, la vigilanza richiesta al datore di lavoro non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni – che la legge affida al garante – concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato”.
Conseguenza di ciò è che “l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato – al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo – e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni”.
A questo punto la Cassazione Penale sottolinea che “specifiche ed ulteriori puntualizzazioni sono state fornite con riferimento alle strutture aziendali complesse.”
In particolare, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, “ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella deldatore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo (cfr.,in particolare, Sez.4, n.22606 del 04/04/2017, Minguzzi, Rv.269972-01, e Sez.4, n.24136 del 06/05/2016, Di Maggio, Rv.266853-01).”
Specificatamente in materia di attrezzature di lavoro, “in espressa applicazione di questo principio, poi, si è precisato che «l’impiego di un macchinario con caratteristiche di pericolosità rientra proprio nella sfera gestionale riconducibile al vertice societario» (così Sez.4, n.52536 del 09/11/2017, Cibin, Rv. 271536-01, in motivazione).”
Fatta tale premessa, a questo punto la sentenza ricorda che “i commi 3 e 3-bis dell’art.16 d.lgs.n.81 del 2008, nel testo vigente per effetto delle modifiche recate dall’art.12 d.lgs.3 agosto 2009, n.106, prevedono, rispettivamente, uno specifico limite alla responsabilità del datore di lavoro, «in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4», e la possibilità di una subdelega di funzioni in materia di salute e sicurezza a terzi da parte del soggetto delegato dal datore di lavoro.”
Tali previsioni vanno collegate al quarto comma dell’art.30 del D.Lgs.81/08 che “a sua volta, dispone: «4. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.».”
Pertanto, secondo la Corte, alla luce di questo quadro normativo è “ragionevole concludere che, in imprese di grandissime dimensioni, organizzate in più stabilimenti, il «datore di lavoro» risponde delle violazioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori che discendono dalle scelte gestionali di fondo ovvero dalla inadeguatezza ed inefficacia del modello di controllo, anche in considerazione delle necessità di adattamento di questo nel tempo a fronte di apprezzabili sopravvenienze.”
E’ evidente che alla base di questo principio espresso dalla Corte, che collega potenzialmente la responsabilità del datore di lavoro alla inadeguatezza ed inefficacia del modello di controllo, vi è l’art.16 comma 3 secondo periodo del D.Lgs.81/08 su citato, che prevede che l’obbligo di vigilanza del delegante sul corretto espletamento delle funzioni delegate “si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4” e che dunque pone un collegamento già di natura normativa (limitato al perimetro definito dal legislatore) tra la responsabilità penale del delegante quale persona fisica ed il modello organizzativo (melius: sistema di verifica e controllo nell’ambito di tale modello) implementato dalla persona giuridica.
Il modello di controllo e la vigilanza nelle strutture complesse
La Cassazione a questo punto approfondisce ulteriormente il tema dei requisiti e delle caratteristiche concrete che deve presentare il modello organizzativo in relazione all’art.16 c.3 e all’art.30 c.4 D.Lgs.81/08, ponendo i seguenti principi.
Anzitutto, secondo la Cassazione “l’adeguatezza e l’efficacia del modello di controllo deve essere verificata in considerazione della sua specificità rispetto all’ambiente lavorativo interessato, ma non può essere esclusa solo perché si è verificato un incidente.”
Infatti, “una soluzione che valorizzi in termini decisivi il fatto della verificazione di un infortunio implica l’adozione di forme di responsabilità oggettiva”.
Inoltre – sottolinea la Corte – l’art.30 c.4 richiede che il riesame e l’eventuale modifica del modelloorganizzativo vengano effettuati “solo «quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico», e, quindi, solo in occasione di sopravvenienze, appunto «significative».”
La conclusione di questo ragionamento è che “la verifica in ordine ad adeguatezza ed efficacia del modello di controllo, ai fini dell’esonero della responsabilità del «datore di lavoro» delegante, deve essere compiuta ex ante, alla luce di tutti gli elementi conoscibili al momento della predisposizione del modello.”
La decisione della Cassazione
Come anticipato, dunque, sulla base dei principi suesposti la Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo giudizio.
Questa l’indicazione che la Suprema Corte dà al Tribunale: “il giudice del rinvio valuterà, innanzitutto, se le violazioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, riscontrate all’esito dei sopralluoghi successivi all’incidente occorso a S.B., siano addebitabili al ricorrente perché determinate da scelte gestionali di fondo dell’impresa, ovvero dalla inadeguatezza ed inefficacia del modello organizzativo, da accertarsi secondo una valutazione ex ante, alla luce di tutti gli elementi conoscibili al momento della predisposizione di esso, anche in considerazione delle necessità di adattamento nel tempo.Verificherà, inoltre, se siano configurabili violazioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori addebitabili al ricorrente in conseguenza della denunciata inesatta ottemperanza delle prescrizioni impartite dal servizio di prevenzione dell’A.S.L. dopo il precisato incidente.”