La sanzionabilità della mancata informazione e formazione
Facendo seguito alla sentenza della Corte di Cassazione Sez. III n. 54519 del 22/12/2016, pubblicata e commentata dallo scrivente sul quotidiano del 10/4/2017, sulla sanzionabilità o meno dell’obbligo da parte del datore di lavoro di informare e formare i lavoratori previsto dall’art. 18 comma 1 lettera i) del D. Lgs. n. 81/2008 allorquando si era espresso il disaccordo con la Corte suprema sulle conclusioni alle quali era pervenuta, in questa sentenza si riscontra un ripensamento sull’argomento da parte della stessa Corte di Cassazione.
Quest’ultima, infatti, dopo un attento esame della evoluzione normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro culminata nel D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. attualmente vigente, ha rivista la sua posizione assunta fin dal 2014 in merito alla sanzionabilità dell’obbligo posto a carico del datore di lavoro di informare, formare e addestrare i lavoratori dipendenti ai sensi dell’art. 18 comma 1 lettera i) dello stesso D. Lgs. n. 81/2008 arrivando alla conclusione che in materia di prevenzione degli infortuni la condotta del datore di lavoro che non adempia agli obblighi di formazione e informazione dei lavoratori rientra tra le disposizioni la cui violazione è presidiata da sanzione penale ai sensi dell’art. 55 comma 5 lett. c) del D. Lgs. 81/2008.
Il fatto, la condanna del Tribunale e il ricorso in Cassazione
Un datore di lavoro ha ricorso per cassazione impugnando la sentenza con la quale il Tribunale lo aveva condannato alla pena di 3.000,00 euro di ammenda per il reato previsto dall’articolo 37, comma 1, in relazione all’articolo 55, comma 5, lettera c), del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 perché, in qualità di legale rappresentante di una società e di datore di lavoro, non aveva provveduto ad assicurare che ciascun lavoratore ricevesse una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, con particolare riferimento ai rischi relativi alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
Come motivazione principale per richiedere l’annullamento della sentenza impugnata il ricorrente ha lamentato l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’articolo 2 del codice penale, contenente il principio di legalità, con riferimento all’articolo 37, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 81/2008 e all’accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 21/12/2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 8 del 11/2/2012. Ha ricordato, infatti, che l’articolo 37 del D. Lgs. n. 81 del 2008, al comma 1, ha fissato sì l’obbligo della formazione dei lavoratori ma con il comma 2 ha disposto che il contenuto di tale obbligo deve essere descritto e regolamentato da una norma secondaria individuata appunto dal citato accordo del 21/12/2011 pubblicato sulla G. U. dell’11/2/2012.
Siccome il contenuto di tale accordo, ha così proseguito il ricorrente, deve essere utilizzato per vagliare la condotta che i soggetti obbligati hanno posto od omesso di porre in essere dalla sua entrata in vigore in poi, in conformità al principio di carattere generale dettato dall’articolo 2 del codice penale, le modalità, i tempi ed i contenuti della formazione sulla sicurezza dei lavoratori individuati di tale accordo Stato-Regioni non potevano essere utilizzati per valutare le condotte anteriori alla sua entrata in vigore, con la conseguenza che il Tribunale, in tema di formazione dei lavoratori sugli aspetti della salute e della sicurezza, non poteva in alcun modo valutare la sua condotta, come legale rappresentante della società, mediante un’applicazione retroattiva del contenuto del richiamato accordo. La sua condotta, invece, doveva essere valutata diversamente a seconda della successione delle norme nel tempo sulla base dell’entrata in vigore della disciplina tecnica dettata dall’accordo stesso e quindi avrebbe dovuto valutare i documenti prodotti e la formazione svolta negli anni precedenti sulla base della regolamentazione vigente prima del gennaio 2012 e verificare l’applicazione dell’accordo soltanto con riferimento alla condotta posta in essere dal gennaio 2012 alla data di contestazione del reato che, come è risultato dal capo di imputazione, era successiva.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso non è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione. La stessa per decidere ha preso l’occasione di risolvere una questione che, sebbene non evidenziata dal ricorrente, è stata tuttavia ritenuta pregiudiziale per l’esame dei motivi di ricorso, in quanto la sua risoluzione implica l’accertamento o meno dell’esistenza di una previsione legislativa, richiesta dal principio della riserva assoluta di legge in materia penale, che sanzioni i fatti di cui si discute e che invece è stata esclusa da un orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale, in materia di prevenzione degli infortuni ai danni dei lavoratori, la norma di cui all’art. 18, comma primo, lett. l) del D. Lgs. n. 81 del 2008, che obbliga il datore di lavoro ad adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37 dello stesso decreto, non rientra tra quelle disposizioni precettive la cui violazione, ai sensi del successivo articolo 55, è presidiata da sanzione penale (Sez. 3, n. 3145 del 11/12/2013, dep. 2014, Dal Sasso, Rv. 258382).
La suprema Corte, per meglio comprendere i termini della questione, ha effettuata un’analisi normativa sull’obbligo informativi e formativi in materia di sicurezza posto a carico del datore di lavoro. La stessa ha osservato che, originariamente, l’art. 18 del D. Lgs. n. 81 del 2008 ha stabilito, alla lettera I) del primo comma, gli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agii articoli 36 e 37″ che regolavano specificamente la materia. Corrispondentemente l’originario articolo 55 dello stesso decreto del 2008 prevedeva, al quarto comma, lettera e) per gli inadempienti la sanzione dell’arresto da quattro a otto mesi o dell’ammenda da 2.000 a 4.000 euro.
La Sez. III ha quindi ricordato che il decreto legislativo n. 81 del 2008 ha rivisitato l’intera materia della sicurezza nei luoghi di lavoro ed ha conseguentemente abrogato, con l’articolo 304, le disposizioni di cui al decreto legislativo 19/9/1994 n. 626 il quale, agli articoli 21 e 22, prevedeva gli obblighi informativi e formativi del datore di lavoro, in una versione abbastanza allineata a quella disciplinata dagli articoli 36 e 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008, penalmente sanzionandone l’inosservanza con l’articolo 89, comma 1, lettere a) e b). Tuttavia la suprema Corte ha fatto presente che il successivo D. Lgs. 3/8/2009 n. 106 ha sostituito l’articolo 55 del D. Lgs. n. 81 del 2008 facendo scomparire il rinvio all’articolo 18 lettera l) e ha previsto il fatto come reato negli articoli 36 e 37 determinando con ciò probabilmente l’orientamento, che ha originato il principio di diritto soprarichiamato, secondo il quale l’assenza di un rinvio, nell’articolo 55, al precetto di cui all’articolo 18, lettera l), avrebbe reso penalmente irrilevanti l’inosservanza agli obblighi di informazione e di formazione dei lavoratori in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Invece non pare che possa essere posta in discussione la continuità normativa tra il combinato disposto degli arti. 89, comma primo e 22, comma primo del D. Lgs. n. 626 del 1994 e l’art. 55, comma 5, lettera c) del D. Lgs. n. 81 del 2008 come modificato dal decreto legislativo n. 106 del 2009 per quanto attiene alla configurazione del tipo di illecito riguardante gli obblighi datoriali di informazione e formazione nei confronti dei lavoratori.
Ne deriva, ha così concluso la Corte di Cassazione, che “in materia di prevenzione degli infortuni ai danni dei lavoratori, la condotta del datore di lavoro – il quale non adempia gli obblighi di informazione e formazione (che, ove previsto, comprendono anche gli obblighi di addestramento) di cui agli articoli 36 commi 1 e 2, e 37, commi 1, 7, 9 e 10 d.lgs. n. 81 del 2008 e succ. mod. – rientra tra quelle disposizioni precettive la cui violazione, ai sensi del successivo articolo 55, comma 5, lettera c), è presidiata da sanzione penale” definendo il modello legale di reato che la normativa antinfortunistica in materia di lavoro già contemplava sulla base del D. Lgs. n. 626 del 1994 e che è anche enunciata nella disposizione di cui all’articolo 18, comma primo, lettera l) del D. Lgs. n. 81 del 2008, che agli articoli 36 e 37 dello stesso decreto espressamente rinvia. A tale conclusione si perviene, ha infine sostenuto la suprema Corte, considerando che, in materia di obblighi informativi e formativi, il precetto della sanzione contemplata dall’articolo 55, comma 5, lettera c), del D. Lgs. n. 81 del 2008 è dettato dagli articoli 36 e 37 stesso decreto e non dall’articolo 18, lettera l), come poteva desumersi sulla base dell’originario testo di cui al D. Lgs. n. 81 del 2008, atteso che l’articolo 55, comma 5, lettera c), espressamente si riferisce alle violazioni delle disposizioni di cui agli articoli 36, commi 1 e 2, nonché 37, commi 1, 7, 9 e 10 per la determinazione della sanzione applicabile alle infrazioni dei relativi precetti che, solo genericamente enunciati dall’articolo 18, lettera I), sono espressamente formulati negli articoli 36 e 37 in linea con i principi di determinatezza e di precisione che, quali evidenti corollari del principio di legalità in materia penale, devono presiedere alla tipizzazione del fatto di reato.