Inail: gli infortuni e malattie professionali dei lavoratori migranti
Roma, 29 Mag – Secondo alcune stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 3,2% della popolazione mondiale (nel 2015 circa 244 milioni di persone) vive in un paese diverso da quello di origine e di questi circa il 72% è costituito da persone in età lavorativa.
Un altro dato, che arriva dall’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), stima invece che sono circa 150 milioni, nel mondo, i lavoratori immigrati e di questi circa il 71% è impiegato nel settore servizi, il 18% nel settore manifatturiero e nelle costruzioni e l’11% in agricoltura.
E, come rilevato anche in Italia, si è realizzata nel tempo una sorta di “geografia dei mestieri” con diverse etnie che tendono a specializzarsi in specifiche occupazioni, “anche in considerazione di reti etniche che svolgono un’interfaccia tra nuovi arrivati e mercato del lavoro”. Riguardo in particolare al settore agricolo, alcuni dati nazionali mostrano poi come in agricoltura prevalgono lavoratori indiani (29,4%) seguiti da tunisini (17,8%), marocchini (9,2%), albanesi (8,5%).
A presentare in questi termini le dimensioni del fenomeno migratorio nel mondo e in Italia è un documento che partendo dalle problematiche relative alla sicurezza e salute dei lavoratori stranieri impiegati in agricoltura presenta i risultati di un’indagine sulla percezione del rischio e fabbisogno formativo dei lavoratori immigrati in agricoltura – con specifico riferimento alla regione Lombardia e al territorio cremonese e mantovano – al fine di “individuare criticità e bisogni percepiti che possono fornire momenti di riflessione e di discussione” nei diversi ambiti di riferimento nell’ottica del miglioramento della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
Stiamo parlando del documento, curato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’ Inail, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma, dal titolo “Salute e sicurezza in agricoltura. Un’indagine conoscitiva su lavoratori immigrati”.
Il documento indica che alla base di questa indagine c’è l’approvazione, nell’ambito del Bando 2013 del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della salute, del progetto “Aspetti peculiari del lavoro in agricoltura e ricadute sul processo di prevenzione e protezione: scenari di esposizione a prodotti fitosanitari nelle lavorazioni in serra e percezione del rischio per la salute e sicurezza in lavoratori agricoli stranieri”.
Nell’arco di circa due anni di attività il focus progettuale sui lavoratori agricoli stranieri si è sviluppato attraverso il coinvolgimento di varie unità operative e, partendo dal presupposto che “un’efficace azione preventiva non possa prescindere dalle valutazioni della percezione del rischio e del fabbisogno formativo” è stata realizzata questa indagine in alcuni distretti agricoli con lavoratori immigrati – in questo caso specialmente indiani, bengalesi e marocchini – sono “una componente spesso bene integrata nel tessuto economico e sociale locale”.
Rimandando ad un futuro articolo l’approfondimento dei risultati dell’indagine condotta, utilizziamo alcuni contenuti del documento per una riflessione più generale sul tema degli infortuni e malattie professionali dei lavoratori migranti in Italia.
Il documento segnala che nell’anno 2015, in Italia, “sono state registrate 636.766 denunce di infortuni; una diminuzione di circa il 4% rispetto all’anno precedente. Di questi, 92.456 (14,5%) hanno interessato lavoratori stranieri: precisamente 24.781 lavoratori UE (-4,55% rispetto al 2014) e 67.675 lavoratori extracomunitari (-2,75% rispetto al 2014)”.
E, con riferimento anche a quanto contenuto nel “Sesto rapporto annuale. I migranti nel mercato del lavoro in Italia”, si indica che l’incidenza infortunistica (rapporto tra infortuni denunciati e occupati dell’Istituto nazionale di statistica – Istat) “risulta notevolmente più elevata per i lavoratori stranieri rispetto al complesso, a dimostrazione del fatto che il lavoratore straniero opera in settori particolarmente rischiosi con maggiore attività manuale (costruzioni, trasporto e magazzinaggio, industria dei metalli e agricoltura) nonostante il calo infortunistico registrato nel biennio 2013 – 2014 per i settori ad alta rischiosità: costruzioni -18,6%, trasporto e magazzinaggio -17% e metallurgia e fabbricazione dei prodotti di metalli -10,7%, mentre per l’agricoltura si è rilevato un lieve incremento di +1%”.
Riguardo poi alle modalità di accadimento degli infortuni si conferma quanto già in passato rilevato riguardo alle principali cause e circostanze degli infortuni (in questo caso sia per i lavoratori italiani che per quelli stranieri): “perdita di controllo di macchinari ed attrezzature, scivolamento o inciampamento con caduta di persona, movimenti del corpo con o senza sforzo fisico”.
E per le malattie professionali dei lavoratori stranieri “bisogna, innanzitutto, tener conto che esse risentono di talune problematiche che portano a una sottostima del fenomeno. Accade che si contraggano malattie senza che esse si manifestino istantaneamente data la latenza delle patologie; i tempi di esposizione della malattia possono essere molto lunghi, pertanto gli ultimi anni in cui l’immigrazione è aumentata, non possono far comprendere l’entità del fenomeno; la mobilità elevata del lavoratore, in qualità di migrante, non consente, inoltre, di fare maturare le condizioni per la denuncia e a volte i lavoratori stranieri che si ammalano, tendono a tornare nel paese di origine”.
Riguardo alle denunce nel 2015 si sono “registrate 58.925 denunce di malattie professionali (+2,71 rispetto al 2014); circa il 6% del totale delle denunce ha riguardato lavoratori stranieri”. E con riferimento ai dati a disposizione del biennio consolidato 2013 – 2014, sempre riguardo alle malattie professionali, si osserva un incremento pari a circa l’8,9% nei lavoratori stranieri, “passando da 3.254 a 3.544 casi, confermando i dati in crescita degli ultimi anni per il complesso delle malattie professionali”. Ricordando che proprio l’’agricoltura ha registrato in questi anni l’incremento più significativo in termini percentuali rispetto all’industria e servizi.
In particolare la maggiore concentrazione di malattie protocollate nel 2014 si “registra al Nord (56% dei casi), a seguire Centro (28,4%) e Mezzogiorno (15,6%); nel 2014 il maggior incremento percentuale rispetto al 2013 si è avuto nel Mezzogiorno (22,2%) e nel Centro (20,6%)”. E oltre il 70% delle malattie professionali denunciate sono “malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, dovute prevalentemente a sovraccarico biomeccanico e movimenti ripetuti che dimostrano come i lavoratori stranieri sono sottoposti a lavori ad elevata rischiosità”.
Infine, sempre con riferimento a questo riepilogo generale degli infortuni e delle malattie professionali denunciate (è evidente che una parte sensibile del fenomeno non può essere rappresentato da questi dati) – dall’analisi delle denunce di malattie professionali (International classification of disease – ICD 10) “tra il 2013 e il 2014 emerge un incremento dei disturbi psichici e comportamentali (20,5%), malattie del sistema nervoso (14,9%) e del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (11,1%); invece, risulta un calo delle malattie del sistema respiratorio (-18,2%) e delle malattie del sistema circolatorio (-15,8%)”.