Sicurezza e salute nelle aziende: patologie ricorrenti e possibili cure
L’elevato numero di eventi luttuosi sul lavoro che continuano ad avvenire nel nostro Paese, non appena si sono avuti alcuni segnali di uscita dalla lunga crisi economica con l’aumento delle ore effettivamente lavorate (infortuni mortali + 34% nei primi due mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016 secondo i dati INAIL), hanno ancora una volta portato all’attenzione della pubblica opinione la gravità e la frequenza degli infortuni sul lavoro facendo emergere ancora una volta che, il modo di affrontare il problema della sicurezza e della tutela della salute in Italia, continua ad essere, perlomeno, suscettibile di notevoli miglioramenti. È capitato spesso a chi scrive, durante l’analisi di gravi eventi accaduti, di evidenziare una serie di fattori organizzativi negativi che hanno pesantemente inciso nella genesi degli stessi.
In concreto si può affermare che si tratta di vere e proprie patologie di cui soffrono le organizzazioni e che vengono sistematicamente trascurate fino a che i sintomi non si concretizzano in gravi eventi che coinvolgono anche più persone.
Tra le patologie più diffuse nelle organizzazioni, si segnala quella che vede prevalere le pressioni legate alla produttività a discapito di altri impegni e logiche, portando così il sistema organizzativo al di fuori del perimetro di funzionamento per cui è stato pensato.
Altra patologia diffusa è quella che tende a valorizzare determinate logiche come, ad esempio, quelle finanziarie, a discapito dei portatori di altre logiche, come quella della sicurezza sul lavoro, arrivando, in taluni casi, ad un palese loro svilimento. Anche il livello di complessità elevato o i continui cambiamenti possono costituire una patologia quando hanno come effetto l’impossibilità, per i vari soggetti, di avere riferimenti certi o chiedere e ricevere dei feedback.
In queste organizzazioni si predilige l’approccio basato sul presupposto che la cultura della sicurezza sia già posseduta dall’azienda e dal suo management e che sia sufficiente farla acquisire agli operatori sul campo, magari mediante specifiche iniziative di comunicazione, sensibilizzazione e formazione; in questo caso è palese l’errore che si commette visto che si pensa che siano i messaggi e le regole e non le modalità di comportamento ripetute e condivise che determinano una cultura della sicurezza in azienda.
Molto diffusa è anche la patologia relativa all’individuazione e assegnazione di priorità contraddittorie, spesso definite dalle direzioni centrali senza alcun coinvolgimento delle unità periferiche.
Collegata a quest’ultima c’è anche la definizione di obiettivi che non tengono conto delle risorse realmente disponibili e che, addirittura, sposano la logica della competizione interna tra persone, squadre o reparti, provocando così un effetto decisamente negativo che è quello della mancanza di cooperazione tra i soggetti.
Da non dimenticare anche il sistematico mancato coinvolgimento delle unità periferiche nei processi di cambiamento (organizzativo o tecnologico) deciso a livello centrale.
Notevole impatto ha anche la patologia derivante dall’adozione di processi di valutazione delle performance delle persone, delle squadre o dei reparti che utilizzano criteri non trasparenti o non condivisi.
Anche l’esistenza di una bassa qualità dei rapporti interpersonali tra capi intermedi e personale alle loro dipendenze, è un’altra patologia che, a lungo andare, non può che provocare impatti negativi riguardo la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Inoltre, la sempre più diffusa esternalizzazione delle attività, con tutta una serie di forme di appalto, subappalto o similari, non garantisce il trasferimento delle informazioni e delle competenze dall’azienda committente agli appaltatori e viceversa e provoca palesi ricadute negative sulla sicurezza sul lavoro.
Infine, da non dimenticare, anche l’abuso di comunicazioni, spesso sovrabbondanti dal punto di vista qualiquantitativo o addirittura prive di alcun concreto significato per coloro che operano sul campo.
Naturalmente, accanto ad organizzazioni affette da queste patologie, chi scrive ha avuto il privilegio di lavorare con organizzazioni affidabili caratterizzate dall’esistenza di una serie di fattori che contribuiscono positivamente al livello di tutela della salute e sicurezza sul lavoro ed il cui modo di operare può essere considerato come la cura utilizzabile dalle altre aziende affette dalle citate patologie.
Queste organizzazioni sono, in genere, caratterizzate da un’elevata flessibilità per quanto riguarda l’attribuzione di risorse, poteri e competenze sia a livello centrale che periferico; in altre parole hanno la capacità di funzionare, adattandosi e mantenendo alto il livello di affidabilità, sia con un centro decisionale centrale che con uno periferico in funzione delle situazioni peculiari che si possono concretizzare.
Altro aspetto che caratterizza queste organizzazioni affidabili, è la definizione di obiettivi condivisi in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, tra tutti gli attori dell’azienda. Come già detto in precedente contributo (Stili di leadership e cultura della sicurezza nelle grandi aziende – Puntosicuro del 2 marzo 2017), si può definire la Cultura della Sicurezza come “l’insieme delle pratiche sviluppate e costantemente adottate dagli attori coinvolti, sulla base di principi e valori condivisi all’interno della propria organizzazione, per controllare i rischi presenti durante l’espletamento delle proprie attività lavorative”. La cultura della sicurezza, quindi, è basata sull’impegno dei vertici dell’azienda nell’adottare comportamenti che sono allineati con quanto viene chiesto dagli stessi vertici agli operatori sul campo.
In un’organizzazione di questo tipo, chi si occupa di sicurezza sul lavoro, non è visto come un rompiscatole o, peggio, come uno jettatore quando si verificano eventi che erano stati previsti a fronte di una palese situazione di inaffidabilità dei processi.
Chi segnala situazioni o comportamenti pericolosi non viene socialmente emarginato in quanto ritenuto un creatore di problemi ma viene valorizzato in quanto con il suo supporto contribuisce a mantenere alto il livello di affidabilità dell’organizzazione.
Le non conformità rilevate sono analizzate con il supporto esperienziale dei soggetti coinvolti e le conseguenti azioni correttive e preventive sono individuate ed adottate con la preventiva condivisione ed il successivo coinvolgimento di tutti gli attori.
Chi progetta ed organizza il lavoro coinvolge sin dall’inizio gli attori che poi opereranno sul campo, al fine di avere preventivamente disponibili quelle informazioni frutto del loro sapere operatorio.
Nelle organizzazioni affidabili le responsabilità sono condivise a vari livelli così come il sistema disciplinare con la sua applicazione.
Quando ci si accorge che le regole formali e quelle operative adottate sul campo sono tra loro contraddittorie, queste organizzazioni promuovono e sostengono l’analisi e la discussione tra gli attori in modo che dal confronto nascano regole condivise e concretamente applicabili.
Sempre queste organizzazioni affidabili attuano processi di valorizzazione delle persone che in esse lavorano favorendo la condivisione delle conoscenze e delle esperienze.
Infine, gli appaltatori sono visti come dei partner in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e non come un mezzo per esternalizzare i lavori più rischiosi.
In definitiva, questi tipi di organizzazioni promuovono e sostengono la discussione, il confronto e l’integrazione tra i differenti punti di vista che innegabilmente sussistono nelle aziende in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; questo perché sono convinte che è dal confronto e dal dialogo tra i vari attori, nelle rispettive competenze ed ai vari livelli gerarchici, che si fonda una vera cultura della sicurezza.
Un altro degli aspetti che caratterizza le organizzazioni affidabili, è legato alla consapevolezza che un evento grave può sempre avvenire nonostante si siano adottate le necessarie misure tecniche, organizzative e procedurali. Pertanto, queste organizzazioni operano con un continuo riesame dei processi al fine di individuare ed eliminare il wormspesso ben nascosto in essi; le segnalazioni vengono esaminate e valutate e, quando esse rimandano a situazioni di grave pericolo per la salute e la sicurezza degli addetti, queste organizzazioni, coerentemente con quanto enunciato, fermano le attività a rischio e studiano il problema alla ricerca delle soluzioni.
I processi produttivi, in queste organizzazioni affidabili, sono gestiti tenendo conto che l’attività operativa non può basarsi solo su procedure e metodi definiti a tavolino ma deve essere integrata in tempo reale con attività di continuo monitoraggio delle mutevoli condizioni che si possono concretizzare sul campo in funzione di variabili legate ai fattori produttivi e ai fattori ambientali (fisici e sociali).
Sempre per mantenere alto il livello di affidabilità, questo tipo di organizzazioni proceduralizza le proprie attività prevedendo controlli incrociati e/o ridondanti al fine di ridurre al minimo la probabilità di accadimento di un evento (incidente o infortunio) come ad esempio, l’uso sistematico del Permesso di Lavoro per varie tipologie di lavori: spazi confinati, lavori a rischio di rilascio d’energia, lavori in quota, ecc.
Altro aspetto che caratterizza le organizzazioni affidabili è la piena consapevolezza che:
– il livello di sicurezza presente in un determinato momento è sempre soggetto a spinte verso il basso originate dall’esistente conflitto tra gli obiettivi produttivi conseguibili a breve termine e gli obiettivi di sicurezza conseguibili a lungo termine;
– i segnali dei malfunzionamenti nella gestione della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro non sempre vengono rilevati dagli indicatori predisposti e non sempre questi segnali, sicuramente percepiti dagli operatori sul campo, arrivano ai livelli gerarchici superiori.
Queste organizzazioni, pertanto, favoriscono e sostengono la trasmissione delle citate segnalazioni e la loro analisi e discussione tra chi lavora sul campo e gli specialisti della sicurezza in modo da definire congiuntamente regole adattive che anticipino e rispondano adeguatamente ai continui cambiamenti.
Infine, è un tipico mustper tali realtà anche quello del ricorso ad attività di formazione continuaper tutti gli attori con l’utilizzo sistematico di esercitazioni e simulazioni in caso di incidenti ed infortuni al fine di migliorare, dopo analisi e discussioni, la risposta dell’organizzazione a tali eventi mediante interventi di miglioramento nell’area tecnica ed organizzativa.
In conclusione, la panoramica proposta da chi scrive, pur se riferita ad un campione limitato, ben fotografa una realtà nazionale in chiaro-scuro dove purtroppo è solo un numero molto ridotto di organizzazioni che emerge sulle altre, in quanto in esse è ben radicata una cultura diffusa della sicurezza sul lavoro intesa come “l’insieme delle pratiche sviluppate e costantemente adottate dagli attori coinvolti, sulla base di principi e valori condivisi all’interno della propria organizzazione, per controllare i rischi presenti durante l’espletamento delle proprie attività lavorative”.
Quanto messo in atto da queste organizzazioni, però, è anche un chiaro riferimento per tutte le altre che intendono realmente intraprendere un analogo cammino.