L’autonomia dell’RSPP nello svolgimento della sua funzione
Il decreto 81/08 prevede espressamente che al medico competente debba essere garantita l’autonomia.
Infatti ai sensi dell’articolo 39 c.4 D.Lgs.81/08 “il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l’autonomia”.
Per quanto riguarda la figura del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, non troviamo all’interno del decreto 81 una previsione analoga in termini di ‘esplicitazione’ ma rinveniamo comunque una serie di importanti disposizioni che vanno nella direzione di configurare la necessità che venga garantita un’autonomia all’RSPP.
Queste disposizioni sono peraltro oggetto di interessanti interpretazioni giurisprudenziali.
La Cassazione – a Sezioni Unite – infatti è esplicita nell’affermare che l’RSPP debba “svolgere in autonomia, nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico, il compito di informare il datore di lavoro e di dissuaderlo da scelte magari economicamente seducenti ma esiziali per la sicurezza.”(Cass. Pen., Sez. Un., 18.9.2014 n.38343; sentenza di Cassazione Penale a Sezioni Unite sul caso Thyssenkrupp).
Dunque la figura dell’RSPP viene configurata come una funzione che è chiamata a svolgere la sua attività “in autonomia” e – strettamente collegato a questo – “nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico”; un sapere che deve guidare e orientare l’attività di individuazione dei fattori di rischio, di valutazione dei rischi, di individuazione delle misure etc..
Il Servizio di Prevenzione, che l’RSPP coordina, è infatti “utilizzato” dal datore di lavoro sul quale ultimo grava l’obbligo espresso dall’articolo 2087 c.c. – come interpretato dalla giurisprudenza – di “uniformarsi alla migliore scienza ed esperienza del momento storico in quello specifico settore; e, nel caso in cui per i suoi limiti individuali non sia in grado di conoscere la miglior scienza ed esperienza, consapevole di tali limiti, deve avere l’accortezza di far risolvere da altri i problemi tecnici che non è in grado di affrontare personalmente.”(Cass. Penale, Sez. IV, 16 giugno 1995 n.6944.)
In questo senso, il ruolo dell’RSPP quale soggetto attraverso il quale il datore di lavoro ottempera all’obbligo di realizzare la “migliore scienza ed esperienza” (art.2087 c.c.) è ben evidenziato da una sentenza dell’anno scorso, che sottolinea “l’importanza del ruolo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in quanto il datore di lavoro, normalmente a digiuno […] di conoscenze tecniche, è proprio concretamente avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che ottempera all’obbligo giuridico di analizzare e di individuare, secondo l’esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno del luogo di lavoro (Sez. U., n.38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261109).”(Cassazione Penale, Sez.IV, 13 maggio 2016 n.20051.)
E’ evidente che il fatto che all’RSPP venga concretamente garantita un’autonomia nello svolgimento della sua attività di valutazione dei rischi e di tutto quanto correlato è essenziale perché questo soggetto possa realizzare a pieno il ruolo di cui è investito dalla legge e a cui si vincola tramite contratto, nonché affinché possa davvero rappresentare uno “strumento” (nel senso migliore del termine: guardando alla “funzione” in quanto tale) atto a consentire al datore di lavoro di attuare pienamente ed effettivamente l’obbligo su di lui gravante ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile oltre ai vari obblighi previsti in capo al datore di lavoro dal D.Lgs.81/08, a partire dalla valutazione dei rischi in poi.
Sul piano normativo, non si dimentichi in tal senso che l’art.33 c.1 lett.a) del D.Lgs.81/08 prevede che “il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale”.
Dunque l’RSPP deve svolgere la sua attività “nel rispetto della normativa vigente”(oltre che sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale), la quale normativa vigente – unitamente al “sapere scientifico e tecnologico” – è la bussola che deve orientare tale soggetto nella delicata attività di valutazione dei rischi, di individuazione delle misure e in generale nello svolgimento di tutti i compiti di cui all’articolo 33 T.U.; non a caso il legislatore ha previsto che “gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, […] non possono subire pregiudizio a causa della attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.”(art.31 c.2 D.Lgs.81/08.)
L’autonomia che deve essere riconosciuta all’RSPP nello svolgimento del suo ruolo – nei termini visti sopra: ovvero la garanzia che l’RSPP possa pienamente esercitare i suoi compiti “nel rispetto della normativa vigente” e “del sapere scientifico e tecnologico” nonché, come chiarito dalla Cassazione (si veda di seguito), nell’ambito della “sfera della sua competenza tecnico-scientifica” – non è però “solitudine” nell’esercizio del ruolo (e con essa non va confusa) né deve essere confusa con l’autonomia “decisionale” di cui dispongono altri soggetti.
Questo aspetto viene evidenziato dalla Corte di Cassazione, che precisa che la figura dell’RSPP “svolge una delicata funzione di supporto informativo, valutativo e programmatico ma è priva di autonomia decisionale: essa, tuttavia coopera in un contesto che vede coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e competenze. In breve, un lavoro in équipe.”
Infatti, prosegue la Corte con riferimento ai componenti del Servizio di Prevenzione, il “ruolo svolto da costoro è parte inscindibile di una procedura complessa che sfocia nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro.La loro attività può ben rilevare ai fini della spiegazione causale dell’evento illecito. Si pensi al caso del SPP che manchi di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza derivi da competenze specialistiche.Diversamente, si “rischierebbe di far gravare sul datore di lavoro una responsabilità che esula dalla sfera della sua competenza tecnico-scientifica.” (Cassazione Penale, Sez. Un., 18.9.2014 n.38343.)
Questo principio è ribadito anche da una pronuncia di quest’anno (Cassazione Penale, Sez.IV, 23 gennaio 2017 n.3313) che schematizza nel seguente modo le “aree di competenza” del datore di lavoro e dell’ RSPP:
“- il datore di lavoro, avvalendosi della consulenzadel responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art.28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori;
– il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori […].”
Questa sentenza ribadisce dunque il tema dell’autonomia dell’RSPP (richiamando la sentenza delle Sezioni Unite del 2014 su citata), affermando nuovamente “che gravava sullo stesso, di svolgere in autonomia, nel rispetto del proprio sapere scientifico e tecnologico, il compito di informare il datore di lavoro, di sollecitarlo al necessario aggiornamento del documento di valutazione rischi e, in generale, di dissuaderlo dall’intraprendere o dal mantenere scelte pregiudizievoli per la sicurezza dei lavoratori.”